I Volti Nuovi del Gruppo, Davide Orrico: “Entusiasta di essere arrivato fin qui a 30 anni. Sogno di correre il Lombardia”

La nostra rubrica dei Volti Nuovi del Gruppo prosegue con Davide Orrico. Neoprofessionista atipico, che pochi giorni fa ha compiuto 31 anni, è reduce da una lunghissima gavetta con il Team Colpack, squadra nella quale ha militato dal 2009 al 2016. Dopo essere passato alla categoria Continental, prima con la Sangemini – MG.KVIS-Olmo e poi con l’austriaca Vorarlberg-Santic dal 2018 al 2020, si è guadagnato quest’anno la chiamata nella categoria Professional con la Vini Zabu di Angelo Citracca. L’esordio con la nuova maglia è attualmente stabilito in occasione del Trofeo Laigueglia, il prossimo 3 marzo, con la speranza di poter cominciare la rincorsa a un posto per il Giro d’Italia.

Descriviti ai nostri lettori. Che tipo di corridore sei?

Quando ero più giovane, forse nei primi due anni da dilettante, credevo di poter andare forte in salita. Con il passare degli anni sono cambiate tante cose e mi sono reso conto che per essere competitivo in salita con chi va veramente forte bisogna essere di un altro pianeta. Io lo vivo tutti i giorni in allenamento con i vari Nibali, Pozzovivo e Aru. Hanno una marcia in più. Quando hai a che fare, anche quotidianamente, con l’élite del ciclismo, è un altro sport andare forte in salita. Con il passare degli anni mi sono trovato abbastanza bene con il passo, le salite esplosive e gli strappi. Credo di essere un passista, magari uno scattista. Soffro le salite lunghe, ma non gli strappi brevi, anche con pendenze dure. Direi un passista-scattista.

Rispetto a tanti altri neoprofessionisti, passi a 30 anni. Ti senti pronto? Quali sono le sensazioni?

Abbastanza pronto. Un po’ di paura di fondo c’è sempre. Ho fatto anche qualche gara abbastanza importante a livello Continental in questi anni in Austria, la squadra partecipava anche a gare 1.1 e .HC. Però penso sia diverso correre in una Continental, dove non hai pressioni, e in una Professional, in cui ci sono delle esigenze della squadra, dei direttori e anche mie. È più facile andare in fuga quando sei in una Continental che in una Professional. Ho fatto anche fughe importanti, ma bisogna rapportare le cose in base alla categoria della squadra. Mi sto allenando bene, sono alla pari con il lavoro che mi ero programmato. Poi chissà, vedremo cosa succederà in corsa. Sono entusiasta, ma anche un po’ spaventato. A 30 anni è una cosa che mi rende orgoglioso, ma sento di dover dimostrare di esserci per un determinato motivo. Non è che sono cascato lì.

Quale sarà il tuo programma corse?

Bisogna capire la situazione Covid. Avrei voluto debuttare a Maiorca, ma è slittata. Ora dovrei correre il Laigueglia.

Quanto è stato importante per te poterti allenare con i big?

Sicuramente è uno stimolo tutti i giorni. Quando esci la mattina e sai che ti alleni con corridori che tutti invidiano, guardano alla tele e ambiscono a incontrare, hai uno stimolo continuo. Anche solo osservando si impara tanto, danno sempre qualche consiglio prezioso. Vivo questa situazione da tanti anni, ormai è diventata un po’ la normalità per me, anche se so che in pochi hanno questa fortuna. Io di natura sono curioso, quindi ho osservato e mi hanno dato tanti consigli.

Alcuni dei risultati migliori sono arrivati proprio nella zona in cui vivi. Ti aspettavi che questi risultati facessero arrivare prima la telefonata da una squadra professionistica?

Sinceramente ci ho sempre sperato. Anche da dilettante, ci ho messo tanti anni a trovare una sistemazione (pur sempre Continental), ma ho perseverato. Ho sempre inseguito il mio sogno. Anche nei tre anni in Austria il mio desiderio è sempre stato chiudere con una bella esperienza, in una squadra più grande. Ben venga che sia una squadra italiana, anche solo per poter parlare nella mia lingua con i compagni e poter interagire con i tifosi all’arrivo. È bellissimo correre all’estero, quando ti svegli c’è sempre uno stimolo nuovo. Bisogna anche rapportare la differenza tra il farlo in una WorldTour, con una struttura grande, e una Continental, che è più un ambiente familiare. Essere arrivato con un giro così largo al coronamento di un contratto così grande, in Italia, è qualcosa di molto bello. Io ho già vinto ancora prima di iniziare la stagione. Ho sempre sognato di correre il Lombardia, che guardo vicino a casa mia da quando ho dieci anni. Quest’anno lo potrei correre…

Però stai praticamente annunciando che se non dovesse arrivare un’altra occasione da professionista per il 2022 potresti anche ritirarti a fine anno?

L’anno scorso ho parlato con la Vorarlberg e mi hanno chiesto quali fossero le mie intenzioni. A me sarebbe spiaciuto non continuare più perché avrei concluso con un anno schifoso per il coronavirus, in cui ho corso poco. Un conto è se uno arriva a smettere perché non è più competitivo. Io ora ho raggiunto il mio obiettivo e lotto per quello. È più facile correre che smettere di correre, ma nella vita non c’è solo la bicicletta. Mi piacerebbe rimanere nel ciclismo, magari come direttore sportivo. Io mi impegno per andare forte e cercare di continuare, magari fino a 35 anni, fino a 40, fino a 45… chissà. Ma il futuro è sempre incerto. Io spero che quest’anno diventino altri due, i due cinque e così via. Il mio impegno è sempre massimo, do sempre il 100%. Altrimenti non sarei arrivato a questo punto.

Abbiamo parlato del tuo sogno di correre il Lombardia, ma non hai fatto un pensierino al Giro d’Italia?

Penso che su 20 corridori nel roster, tutti sognino di partecipare al Giro. Bisognerà meritarsi la convocazione, dovrò andare forte. Spero poi che chi dovrà giudicare i nomi mi metterà tra i papabili. Dipendesse dai corridori, penso che in una WorldTour di 30 corridori, in 15 vorrebbero andare al Giro. Se lo chiedi in una Professional, tutti. Purtroppo i posti sono soltanto otto, bisogna meritarselo.

Secondo te cosa manca per rilanciare il movimento italiano?

Sicuramente manca chi abbia voglia di investire. Ho vissuto tante esperienza all’estero, lì gli sponsor non hanno paura di spendere i soldi. In una squadra estera non ci sono problemi a prendere il furgone, far fare 2000 chilometri al massaggiatore o prendere i biglietti aerei ai corridori. In Italia a volte questo non si fa. Si va sempre a scontrarsi con i budget. Se sei risicato con le spese, non hai fondamenta abbastanza piantate. Serve qualcuno di buona volontà che voglia investire. I corridori ci sono, basta avere il tempo di aspettare, la pazienza per costruire delle fondamenta molto solide. Dal mio punto di vista mancano le squadre. Tutto il resto c’è.

Hai un messaggio che vuoi lanciare ai nostri lettori?

Dei neoprofessionisti sono quello con più anni, quindi mi serve doppiamente il tifo. Tifatemi il doppio perché sono l’ultimo arrivato!

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